Fischi e offese da parte di alcuni studenti durante la pellicola che racconta la storia del 15enne Andrea Spezzacatena. La madre: "Mio figlio non c'è più, l'omofobia sì"
redazione 27 ottobre 2024 11:17
“Gay di m****a”, “Fr***o”, “Ma quando s’ammazza”. Sono alcune delle frasi pronunciate da alcuni studenti romani durante la proiezione del film “Il ragazzo dai pantaloni rosa” di Margherita Ferri, con Claudia Pandolfi, all’interno della rassegna Alice nella Città all’Auditorium. “Parole pesanti come macigni” le definisce Teresa Manes, la mamma di Andrea Spezzacatena, il quindicenne romano che nel 2012 si tolse la vita dopo aver subito atti di bullismo e cyberbullismo omofobo a scuola e di cui il film racconta la storia.
Manes: “Mio figlio non c’è più, ma l’omofobia sì”
A denunciare quanto accaduto è il sito Gay.it, che parla di risate, insulti omofobi e baccano durante la proiezione di un film che punta a sensibilizzare soprattutto i più giovani sull’omofobia e sugli esiti tragici a cui parole e atteggiamenti d’odio possono portare. “Non tutti gli adolescenti presenti si sono resi protagonisti di un simile circo, è doveroso rimarcarlo, ma una parte di loro”. Sul caso si è espressa anche Teresa Manes, la madre di Andrea, che nel film è interpretata dall’attrice Claudia Pandolfi: “Quegli insulti erano sorretti dall'impalcatura della indifferenza che è la forma più subdola della violenza – scrive su Facebook -. Io non so se dietro quel gruppo rumoroso c'è l'assenza di quella educazione primaria che spetta alla famiglia. Il bisogno di affiliazione e, dunque, la necessità di fare parte di un gruppo può portare, specie in età adolescenziale, a fare o a dire cose che un genitore magari manco immaginerebbe mai dal proprio figlio. Ma in quel contesto, anch'esso educativo, chi ha fallito è stato quell'adulto, incapace di gestire la situazione e rimettere ordine, probabilmente non avendo avuto tempo o voglia di preparare la platea dei partecipanti. Venendo, comunque, meno all'esercizio del ruolo che ricopre. Si parla di educare all' empatia e ci si mostra incapaci di farlo, permettendo di calpestare in modo impietoso la memoria di chi non c'è più e, soprattutto, un'attività di sensibilizzazione collettiva, portata avanti da chi ci crede ostinatamente”. E ancora: Mi piacerebbe che chi continua a negare l'omofobia in questo Paese prendesse spunto da quanto accaduto per rivedere il proprio pensiero e regolare il proprio agito. Perché la parola non è un concetto vuoto. La parola è viva ed uccide. Io, di certo, non mi piego. Anzi, continuerò più forte di prima. Mio figlio non c'è più ma l'omofobia a quanto pare sì”. Sul caso è intervenuto anche il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che si è messo in contatto con l’Ufficio scolastico regionale del Lazio per individuare i responsabili di fischi e insulti omofobi durante la proiezione del film.
Chi era Andrea Spezzacatena
Andrea Spezzacatena aveva appena compiuto 15 anni quando decise di togliersi la vita. Era un ragazzo apparentemente solare, con ottimi voti a scuola e un ottimo rapporto coi genitori. Il suo gesto futotalmente inaspettato e rimase senza spiegazione finché sua madre, dopo la sua morte, entrònel suo profilo Facebook ricostruendo l’inferno che suo figlio stava passando tra atti di bullismo e cyberbullismo a scuola. Il film, narrato dalla voce di Andrea dall’aldilà,racconta come il ragazzo sia arrivato a pensare di non avere altra via d’uscita e rappresenta un potente monito sulla pericolosità di quelle parole e di quei gesti che in apparenzapossono sembrare innocui.
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